Perche' Scappano dall'Inferno per Ricrearlo Altrove - Il Paradosso Culturale delle Migrazioni Ideologiche

Fonte: Boorp
Pubblicato il: 15/06/2025
Categoria: CULTURA
Scappano da Nazioni che la loro cultura ha reso invivibili, dei veri e propri Inferni in Terra. Talmente messi male da costringerli a migrare addirittura nel miscredente Occidente. Qui trovano accoglienza, diritti uguali per tutti, ospedali che funzionano, scuole multiculturali, lavoro, possibilità di avere una vita dignitosa. Ma una volta qui il cervello gli suggerisce di trasformare questi luoghi nell'inferno da cui sono scappati.

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Molti dicono apertamente e fieramente che la loro religione (molto spesso l'Islam) conquisterà il mondo, ovvero renderà l'intero pianeta simile all'inferno da cui sono scappati. La cosa non ha ovviamente nessun senso logico, visto che se dovessero ipoteticamente riuscirci poi non avrebbero più nessun posto dove poter scappare. In pratica si darebbero un gran da fare per darsi la zappa sui piedi da soli.

Non si tratta di un fenomeno marginale, né di una semplice nostalgia culturale. In alcuni casi, è un processo sistemico e intenzionale: alcuni migranti provenienti da culture islamiche dichiarano apertamente che il loro obiettivo è islamizzare l'Occidente. Spesso non comprendono (o fingono di non comprendere) che ciò significherebbe distruggere proprio ciò che rende questi paesi degni di essere scelti come meta: libertà, pluralismo, legalità, benessere, progresso.

L'apparente illogicità di questo comportamento è disarmante. Perché una persona dovrebbe voler ricreare un sistema da cui è fuggito? Perché cercare di riplasmare un'oasi secondo il modello del deserto da cui è scappato assetato?


Le radici psicoculturali del paradosso migratorio


L'errore sarebbe considerare questo fenomeno un problema di coerenza individuale. In realtà, affonda le sue radici in dinamiche psicologiche, culturali e antropologiche molto profonde, legate all'identità, al trauma collettivo, all'inerzia mentale e alla pressione sociale.

La mente tribale non migra mai del tutto


Quando un individuo abbandona fisicamente il proprio contesto, non significa che si separi anche mentalmente da esso. Gli esseri umani, per loro natura, sono creature tribali: si definiscono in base al gruppo di appartenenza, che fornisce identità, scopo, senso della realtà. Cambiare mentalmente gruppo richiede tempo, volontà, e spesso una certa dose di trauma positivo.

Molti migranti, però, non vogliono assimilarsi. Spesso vivono la cultura occidentale come ''ospitante'' ma non ''appartenente''. Ne usufruiscono, ma non vi si identificano. Così, ricreano bolle culturali etniche nei quartieri delle città europee, dove i codici, i valori e i rituali rimangono identici a quelli dei paesi d'origine. Questo meccanismo, apparentemente innocuo, è il primo passo della colonizzazione culturale inversa.

Le regole sono sempre quelle: si vive nella cultura, anche quando ci si trasferisce


Ogni cultura funziona come un insieme di ''software mentali'' che regolano ciò che è giusto e sbagliato, desiderabile o repellente, credibile o assurdo. Anche se una persona cambia il proprio ''hardware'' (cioè il contesto fisico e sociale), spesso continua a usare il vecchio software.

Questo significa che anche in un paese libero, democratico, pluralista, molte persone continuano a valutare ciò che le circonda attraverso il filtro del proprio sistema di riferimento originario. E se quel sistema è dogmatico, autoritario o suprematista, vedranno i valori occidentali come ''decadenti'', ''blasfemi'' o ''inferiori''. Non importa se quei valori hanno prodotto benessere, sicurezza, medicina, scienza, educazione: ai loro occhi, non sono ''veri'' perché non sono ''loro''.

La religione totalizzante: l'Islam politico come paradigma


Nel caso specifico di una parte del mondo islamico (non tutto, va sottolineato), si tratta di un sistema religioso-totalitario. L'islam politico non è solo una fede, ma un progetto di civiltà. La sharia non è una dimensione spirituale, ma un ordinamento giuridico totale che pretende di regolamentare ogni aspetto dell'esistenza: dal modo di mangiare al modo di morire, passando per come si prega, si governa, si punisce, si ama, si educa.

In questo modello, non esiste il concetto di ''pluralismo''. Ogni differenza è minaccia. Ogni alterità è errore. Di conseguenza, l'unico modo per vivere in pace con sé stessi è ''normalizzare'' l'ambiente, ovvero trasformarlo in una copia della propria ortodossia.

Da qui l'impulso missionario: islamizzare il mondo intero. Non per crudeltà o avidità, ma per necessità ideologica. Un mondo pluralista è, per definizione, un'offesa all'idea islamica di ''umma'' (comunità dei credenti).



L'analogia biologica: il comportamento del virus suicida


Un parassita, in natura, ha due possibilità: convivere con l'organismo che lo ospita, senza ucciderlo, oppure distruggerlo e perire insieme ad esso. I virus intelligenti optano per la prima strategia. I virus stupidi per la seconda.

Quando una cultura tossica entra in un sistema ospitante sano e cerca di riformattarlo interamente, si comporta come un virus che uccide l'organismo per ''prenderne il controllo''. Ma, ovviamente, una volta ucciso l'organismo, anche il virus muore.

Colonizzazione culturale e fallimento strutturale


Se un gruppo sufficientemente ampio riesce a imporre le proprie norme, valori e ideologie in un contesto nuovo, può credere di avere vinto. Ma ciò che ottiene è una copia – spesso peggiore – del mondo da cui era fuggito. Così, le scuole diventano segregate. Le donne tornano a essere coperte o mutilate. Le libertà civili si erodono. I conflitti aumentano. La fiducia sociale diminuisce. Il benessere si disperde.

Il nuovo contesto diventa invivibile. Esattamente come quello precedente. E a quel punto… dove si fugge?

Una malattia autoimmune della civiltà


Il multiculturalismo non controllato può trasformarsi in una malattia autoimmune della società ospitante. Come il corpo che smette di riconoscere le proprie cellule e le attacca, così una civiltà che non distingue più tra integrazione e sostituzione culturale finisce per distruggersi dall'interno.

La cultura occidentale, purtroppo, è vulnerabile a questa dinamica perché ha smesso di credere in sé stessa. Ha confuso il rispetto per le differenze con l'obbligo di sottomissione ai modelli altrui. Ha trasformato la tolleranza in debolezza, l'apertura in resa, la laicità in autocensura.


Il ruolo dell'Occidente: complicità, paura e codardia culturale


Il secondo grande errore, oltre a quello delle culture migranti che vogliono ricreare il loro inferno, è quello dell'Occidente che glielo permette. Per paura, per senso di colpa, per ideologia, molti paesi hanno accettato (e persino incentivato) dinamiche che vanno contro il buon senso.

L'autocolpevolizzazione: il mito dell'imperialismo eterno


Ogni volta che si denuncia una stortura culturale importata, scatta il riflesso condizionato della sinistra ideologica: ''Eh, ma l'Occidente ha colonizzato…'', ''Eh, ma il capitalismo…'', ''Eh, ma le crociate…''. Come se la Storia fosse una condanna perpetua e unidirezionale. Come se nessuna cultura, tranne la nostra, potesse mai essere colpevole.

Questo masochismo storico impedisce di vedere le responsabilità attuali. Non importa quanto un modello culturale sia tossico: se è ''altro'', allora va protetto, coccolato, giustificato.

La paura di essere chiamati ''razzisti''


La vera arma culturale delle ideologie espansioniste è il ricatto morale. Chiunque osi difendere la propria identità viene subito etichettato come razzista, fascista, xenofobo. Questo ha paralizzato ogni discussione razionale su cosa sia giusto accettare e cosa no.

Eppure, proteggere i valori di libertà, parità tra uomo e donna, diritto all'apostasia, satira, pensiero critico non è ''odio'', è amore per la civiltà. Nessuno si sogna di chiedere all'Arabia Saudita di diventare pluralista. E allora perché noi dovremmo diventare teocratici per ''rispetto''?

Il multiculturalismo illimitato come suicidio lento


Il multiculturalismo può essere una ricchezza solo quando parte dal rispetto delle regole comuni. Quando diventa ''multileggismo'', cioè pluralità di codici morali e legali, è un disastro. L'idea che ogni cultura abbia pari valore funziona solo se tutte rispettano i diritti umani fondamentali. Se invece alcune predicano la supremazia, il fanatismo o la segregazione, allora stiamo importando bombe a orologeria.



La necessità di una cultura immunitaria


L'Occidente deve sviluppare una ''cultura immunitaria''. Accogliere sì, integrare sì, ma solo chi è disposto ad accettare i valori fondamentali del mondo libero. Non si tratta di razzismo, ma di sopravvivenza culturale. La libertà non può sopravvivere a lungo se tollera chi la vuole abolire.

Nel virus culturale, come nel virus biologico, la sopravvivenza dell'ospite è l'unica garanzia di sopravvivenza anche per l'agente esterno. Chi trasforma l'oasi in deserto, alla fine si ritrova senz'acqua.


Il ciclo autodistruttivo delle culture suprematiste


Nella prima parte abbiamo esaminato come alcune culture, dopo aver generato condizioni di vita insostenibili, esportino le stesse dinamiche distruttive nei paesi ospitanti. Ma perché questa tendenza è così persistente, anche a costo di una nuova autodistruzione? Qual è la logica che sottende un comportamento apparentemente irrazionale?

La risposta sta nel riconoscere che non si tratta solo di cultura, ma di strutture mentali collettive. Alcune ideologie – religiose, politiche o sociali – non sono nate per coesistere con altre, ma per sostituirle. Il loro obiettivo non è la prosperità condivisa, ma la conquista ideologica.

Suprematismo spirituale: l'illusione della Verità Assoluta


Nel cuore del fanatismo c'è una convinzione tossica: l'idea che solo una cultura, una religione o una visione del mondo sia ''vera''. Tutto il resto è errore, peccato, o addirittura bestemmia. In questa ottica, il compromesso non è virtù, ma tradimento. E la convivenza è solo una fase temporanea in attesa della vittoria finale.

L'islam radicale (che non rappresenta tutta la galassia musulmana, ma una parte significativa) incarna questo spirito. Il mondo è diviso tra ''Dar al-Islam'' (la casa dell'Islam) e ''Dar al-Harb'' (la casa della guerra). La missione è trasformare il secondo nel primo. Non con il dialogo, ma con l'imposizione. Non per amore, ma per dovere.

Il culto dell'identità: io sono ciò che credo, non dove vivo


Per chi è cresciuto in culture tribali o religiose totalizzanti, l'identità non è qualcosa di flessibile o personale, ma un'armatura. Chi mette in discussione l'identità, mette in discussione tutto. Questo rende impossibile il vero cambiamento: anche quando i fatti contraddicono il sistema di credenze, la fede prevale.

Così, anche davanti all'evidente superiorità di alcuni valori occidentali – libertà femminile, pluralismo, progresso scientifico – molti rifiutano di cambiare perché farlo significherebbe ''perdere sé stessi''. È più facile cambiare l'ambiente che cambiare sé stessi. E così si prova a islamizzare l'Occidente.


La sinistra utile: come l'Occidente aiuta il proprio nemico


Una delle dinamiche più sconcertanti è l'alleanza tra l'estremismo culturale migrante e una parte dell'intellighenzia occidentale. I due mondi, apparentemente opposti, si alleano contro il nemico comune: la civiltà liberale classica.

Il multiculturalismo come arma ideologica


L'ideologia progressista contemporanea ha trasformato il multiculturalismo da strumento di dialogo a dogma intoccabile. Ogni cultura è buona. Ogni tradizione è sacra. Ogni critica è islamofobia, razzismo, colonialismo.

Questo approccio ha reso impossibile affrontare seriamente i problemi derivanti dall'importazione di culture non compatibili. I ghetti culturali non si possono più denunciare. Le mutilazioni genitali femminili diventano ''pratiche tradizionali''. I matrimoni forzati diventano ''riti comunitari''. La poligamia si giustifica come ''diversità''.

Le università: culle della decadenza culturale


Molte università occidentali sono oggi centri di produzione di ideologia anti-occidentale. Insegnano che tutto ciò che l'Occidente ha costruito – democrazia, scienza, diritti civili – è frutto del privilegio bianco, del patriarcato, del colonialismo. In questo clima, la cultura ospitante diventa colpevole di esistere, e quella importata diventa immune da ogni giudizio.

Così si prepara il terreno alla sostituzione: se tutto ciò che siamo è sbagliato, allora tanto vale cambiare tutto.



La demografia come arma silenziosa


Una delle strategie più efficaci – anche se raramente discussa apertamente – è la colonizzazione demografica. Non servono eserciti. Basta il tempo.

Le cifre non mentono: i dati sulla natalità


I paesi occidentali hanno tassi di natalità in declino. In molte aree urbane europee, la percentuale di bambini nati da famiglie immigrate (soprattutto musulmane) supera ormai quella dei locali. In alcune scuole, gli studenti italiani, francesi, tedeschi, britannici sono una minoranza.

Questo non sarebbe un problema se si trattasse di figli di migranti perfettamente integrati. Ma spesso non lo sono. Crescono in ambienti dove si parla solo arabo, si guardano solo TV satellitari di propaganda islamista, si frequentano solo scuole coraniche.

Il voto come strumento di conquista


Quando una comunità raggiunge una massa critica, inizia a influenzare anche le elezioni locali. Chiede scuole separate, leggi speciali, tribunali islamici. E i partiti, pur di ottenere voti, cedono. Iniziano a candidare imam, a finanziare moschee, a censurare chi critica il fondamentalismo.

Così, in nome della democrazia, si apre la porta a chi vuole abolirla.


Come si ferma il virus: le difese immunitarie culturali


Non tutto è perduto. Ma la risposta deve essere chiara, razionale, determinata. Non si tratta di odiare l'altro, ma di amare sé stessi. Una società che non sa difendere i propri principi fondamentali è destinata a crollare.

1. Assimilazione selettiva


L'accoglienza deve essere condizionata all'accettazione esplicita dei valori fondanti: laicità, parità di genere, libertà di espressione, rifiuto della violenza religiosa. Chi non li condivide, non può integrarsi. Punto.

2. Educazione identitaria


I giovani occidentali devono riscoprire l'orgoglio per la loro cultura. Non per dominare, ma per difendersi. Non per umiliare l'altro, ma per valorizzare ciò che è giusto. Studiare la storia dell'illuminismo, della democrazia, della scienza. Riscoprire la bellezza del dubbio, del pluralismo, del merito.

3. Tolleranza zero per l'intolleranza


Ogni comunità che predica odio, suprematismo, misoginia, antisemitismo deve essere monitorata, smantellata, espulsa. La libertà di culto non può diventare copertura per attività eversive. Chi vuole cambiare il sistema democratico dall'interno va fermato prima che sia troppo tardi.

4. Identità europea condivisa


L'Europa deve smettere di essere un mercato e tornare a essere una civiltà. Difendere i confini, sì. Ma soprattutto difendere le idee. Non c'è niente di razzista nell'avere una cultura europea forte. C'è solo buon senso.



Oasi o deserto, la scelta è nostra


Il paradosso culturale dei migranti ideologizzati è reale. Ma ancora più reale è l'autolesionismo dell'Occidente che non sa dire ''no''. Non tutti i migranti sono portatori di ideologie distruttive. Ma chi lo è, trova terreno fertile proprio nella nostra fragilità morale.

Come il virus che distrugge l'organismo e muore con esso, anche le culture suprematiste che conquistano l'Occidente finiranno per uccidere il sistema che le ospita. E poi, non avranno più dove andare. Ma il danno sarà già fatto.

L'ora della consapevolezza è ora. L'ora dell'orgoglio è ora. L'ora della difesa è ora.

Perché un'oasi, se non viene protetta, non diventa una seconda oasi. Diventa un altro deserto.


Fonti e approfondimenti


Brookings – Declaration Proliferation: The International Politics of Religious Tolerance

Pew Research – Europe's Growing Muslim Population

Pew Research – The Future of World Religions: Population Growth Projections, 2010–2050

Pew Research – How the Global Muslim Population Changed from 2010 to 2020

NPR – Islam Is the Fastest-Growing Religion, Pew Study Says

Brookings – Islamic Scripture Is Not the Problem (Ayaan Hirsi Ali debate)

Wikipedia – Islam and the Future of Tolerance (Harris & Nawaz)

Wikipedia – Islam in Europe (demographics & projections)

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Vedi anche: PROVE TECNICHE DI SHARIA IN INGHILTERRA »






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