Il 3 giugno 2024, durante il meeting annuale della Endocrine Society, sono state presentate le nuove linee guida sulla vitamina D, pubblicate sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism. Queste raccomandazioni portano una ventata di novità negative, ponendo l'accento sulla necessità di limitare l'integrazione di vitamina D solo a specifici gruppi a rischio e sconsigliando gli esami di vitamina D nei soggetti sani.
Chi dovrebbe integrare la vitamina D?
Secondo le nuove linee guida, sono stati identificati quattro gruppi di persone che possono beneficiare dell'integrazione di vitamina D:
- Bambini di età compresa tra 1 e 18 anni, per prevenire il rachitismo e ridurre il rischio di infezioni respiratorie.
- Donne in gravidanza, per ridurre le complicazioni materne e neonatali.
- Adulti sopra i 75 anni, per diminuire il rischio di mortalità.
- Adulti con prediabete, per ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2.
Per questi gruppi, è consigliata un'integrazione giornaliera di 600 UI di vitamina D per le persone tra 1 e 70 anni, e 800 UI al giorno per gli over 70.
Il dosaggio adeguato di vitamina D
Nonostante le raccomandazioni, i dosaggi suggeriti non sono sufficienti per raggiungere livelli ottimali di vitamina D. La vitamina D, oltre ad essere ottenuta dall'esposizione solare, spesso richiede un apporto aggiuntivo. Persone con pelle chiara, disabili o ricoverati, ad esempio, potrebbero necessitare di almeno 1000 UI al giorno. Coloro con pelle scura, anziani, obesi, o con patologie gastrointestinali, potrebbero richiedere fino a 2000 UI o più al giorno per mantenere livelli sierici adeguati. Durante la gravidanza e l'allattamento, si potrebbero necessitare fino a 4000 UI al giorno.
Le raccomandazioni contro gli esami di vitamina D
Una delle raccomandazioni più discusse riguarda il consiglio di non effettuare esami dei livelli di vitamina D nel sangue nei soggetti sani. Questo è giustificato dalla mancanza di evidenze che dimostrino un miglioramento della qualità della vita grazie a questi esami. Gli esperti sottolineano che lo screening potrebbe non essere utile in nessuna fascia d'età, e raccomandano di evitarlo per non creare incertezze cliniche nei medici.
Le forme della vitamina D
La vitamina D viene prodotta dal colesterolo, o più precisamente dal 7-deidro-colesterolo. Esistono diverse forme di vitamina D:
- Colecalciferolo (D3): la forma inattiva, utilizzata per la supplementazione generale, che deve essere metabolizzata nel fegato e nei reni per diventare attiva.
- Calcifediolo (25(OH)D): la forma di stoccaggio e principale forma circolante, che richiede ulteriore attivazione nei reni.
- Calcitriolo (1,25(OH)2D): la forma attiva con effetti fisiologici diretti sulla regolazione del calcio e del fosforo, utilizzata in trattamenti specifici come l'insufficienza renale cronica.
Applicazioni cliniche della vitamina D
Il colecalciferolo è comunemente utilizzato per prevenire o trattare la carenza di vitamina D. Il calcifediolo può essere usato quando è necessaria una rapida correzione dei livelli di vitamina D, mentre il calcitriolo è impiegato in situazioni cliniche specifiche, dove è necessaria l'azione immediata della vitamina D attiva, come in alcuni disordini renali o paratiroidei.
Il rapporto tra 1,25(OH) e 25(OH)
Il rapporto tra 1,25(OH) e 25(OH), noto come VMR, è un predittore superiore di complicanze diabetiche e cardiovascolari e può essere utile nel predire lo sviluppo di tali complicanze. Questo rapporto è anche un utile indicatore in casi di osteoporosi e patologie epatiche o renali.
La proteina legante la vitamina D
La vitamina D, essendo lipofila, necessita di una proteina per circolare nel sangue. La proteina legante la vitamina D (DBP) svolge questa funzione, migliorando la stabilità e la biodisponibilità della vitamina D e facilitandone il trasporto verso i tessuti target. Inoltre, DBP svolge un ruolo nella modulazione della risposta immunitaria e nella protezione contro l'infiammazione.
Il recettore della vitamina D
Il recettore della vitamina D (VDR) è presente in numerosi tessuti del corpo, tra cui pelle, cervello, ipofisi, ghiandole salivari, paratiroidi, polmoni, cuore, milza, pancreas, surrene, mucosa orale e nasale, esofago, stomaco, sistema immunitario e microbioma. La presenza di VDR in tanti tessuti indica che la vitamina D può svolgere funzioni importanti in molti distretti del corpo. Esistono inoltre polimorfismi legati a questo recettore, che possono influenzare la risposta alla vitamina D.
Vitamina D e longevità
Recenti studi suggeriscono che la vitamina D possa avere un ruolo significativo nei processi di invecchiamento. Essa può migliorare la stabilità del DNA, promuovere la riparazione dei danni genetici, e mantenere l'integrità proteica. Inoltre, la vitamina D può migliorare la funzione mitocondriale, ridurre la senescenza cellulare, migliorare la funzione delle cellule staminali, modulare la comunicazione tra le cellule, e influenzare positivamente il microbioma intestinale. Questi effetti possono contribuire a ridurre l'infiammazione cronica associata all'invecchiamento e promuovere la salute generale.
Ecco un approfondimento video del dottor Valerio Solari: